CASTELLO LUNA
Il Castello Luna sorge sulla roccia viva, in posizione dominante, nella parte alta e orientale della città, ed è inserito nel perimetro delle antiche mura, che esistono in parte ancora oggi. L’imponente castello medievale di Sciacca fu fatto costruire nel 1380 da Guglielmo Peralta, conte di Caltabellotta, che diventò uno dei quattro vicari del regno di Sicilia dopo la morte del re Federico III (1377).
Il Castello passò in mano ai conti Luna quando morto Nicolò Peralta (figlio di Gugliemo), Margherita, una delle sue tre figlie, andò in sposa al conte Artale de Luna, catalano e zio di re Martino. Comprende quattro parti: la cinta, il mastio, il palazzo comitale e la torre cilindrica. La cinta che serviva alla difesa esterna ha pianta poligonale ed è formata di alte e robuste mura. Entro il perimetro della cinta, a nord, si ergeva il mastio, cioè la torre maestra, a pianta quadrangolare, che superava di molto l’altezza del complesso dei fabbricati e che aveva la funzione di sorvegliare la cinta, il terreno esterno e il cortile interno.
Di esso, rimasto integro fino al 1740, anno in cui una violenta scossa di terremoto lo danneggiò violentemente, oggi resta solo la base. Ancora esistente, invece, una torre cilindrica a due piani, inserita nel perimetro della cinta, a sud. Il palazzo del conte, a pianta rettangolare, occupava il lato ovest del castello, compreso tra il mastio e la torre cilindrica. Era composto di un piano terreno, adibito come abitazione della servitù e di un piano superiore dove abitava il Conte con la sua famiglia.
Di esso oggi resta l’alto muro esterno con quattro ampie finestre. L’ingresso era situato a nord ed era munito di ponte levatoio. Da esso si entrava nel cortile dove a sud vi erano le scuderie e i locali degli uomini d’arme, nonché una cappella dedicata a S. Gregorio e a destra una scala che portava al piano nobile del palazzo. Nel complesso il castello dei Luna di Sciacca non ha una dimensione spropositata, ma, non privo di una sua monumentalità, rappresenta sotto il profilo architettonico uno dei interessanti esempi di architettura civile e militare del ‘300 esistenti in Sicilia. Per la sua posizione dominante su l’abitato di Sciacca, costituisce un elemento caratteristico e suggestivo del panorama della nostra città, a cui conferisce lustro e decoro e una fisionomia inconfondibile. Il castello dei Luna è legato al “Caso di Sciacca” scontro sanguinoso fra le due famiglie nobili dei Luna di origine catalana e dei Perollo di origine normanna, che funestò la città per due secoli.
IL CASO DI SCIACCA
Una faida al confronto della quale ,quella tra Capuleti e Montecchi era una lite condominiale.
Dal 1459 al 1529 si colloca un evento passato alla storia come “il caso di Sciacca“, una storia di odio feroce che distrusse due nobili famiglie saccensi, quelle dei conti Luna e dei baroni Perollo, in cui furono coinvolti addirittura l’Imperatore Carlo V e il Papa Clemente VII. Lo scontro tra le due famiglie iniziò per le mancate nozze tra la bella e ricchissima Margherita Peralta e Giovanni Perollo. Il Re Martino volle le nozze tra Margherita e il conte Artale Luna contando, con questo, di assicurare alla corona l’appoggio dei Peralta, una delle casate più in vista di Sciacca. Dopo le suddette nozze, la famiglia Perollo non sopportò la prepotenza del sovrano, e sviluppò un odio viscerale verso la nobiltà catalana e straniera, alla quale il Luna apparteneva. A questo odio dei Perollo s’aggiunse quello di Bernardo Cabrera, conte di Modica, che avrebbe pure preteso di fare sposare Margherita al figlio, in modo da poter ampliare ulteriormente il suo controllo territoriale.
Deceduti Martino il Giovane e il padre Martino il Vecchio, in Sicilia gli abitanti aspiravano ad avere un loro re. Si erano intanto formate tre fazioni: una catalana, capeggiata da Bernardo Cabrera, un’altra con a capo la regina Bianca, moglie di Martino il Giovane (da questi sposata dopo la morte di Maria), ed una terza afferente alla nobiltà siciliana, cui aderivano molti comuni che si erano ribellati alla regina. Il conte Luna seguiva la fazione di Cabrera, ma gli abitanti di Sciacca rimasero fedeli alla regina.
Nel 1411, Cabrera occupò la città, ma non il Castello Vecchio, difeso ad oltranza da Pietro Garro. Un intervento della regina liberò il castello e la città. Nel 1416 il prestigio della famiglia Peralta passò ad Antonio, il figlio del Luna, che ebbe dal re Alfonso la concessione della castellania di Sciacca. Dava cioè il massimo onore oltre al diritto di dimora nel Castello Vecchio. I figli maschi del Luna e del Perollo raccolsero dunque l’eredità di odio che i loro rispettivi padri non avevano mai sopito e si ritrovarono puntualmente in disaccordo quando, nel 1454, Perollo fu costretto a cedere al Luna una proprietà alla quale teneva moltissimo. Così, durante la festa della S. Spina di Gesù, dell’Aprile del1455, nel momento in cui la processione, seguita dal Luna, era giunta fin sotto il palazzo del Perollo, quest’ultimo, sentendosi minacciato dalla presenza del suo rivale, aggredì il Luna insieme ad i suoi uomini, e, pugnalatolo più volte, lo lasciò in terra credendolo morto, ordinando ad i suoi uomini di calpestargli il volto … La vendetta del Luna , che era sopravvissuto al feroce attentato (sfregiato orribilmente) non tardò ad arrivare. Una volta ritornato in salute, radunato uno stuolo di uomini fedeli, si recò a Sciacca e diede fuoco al castello dei Perollo ed a tutte le abitazioni che si trovavano intorno ad esso, seminando terrore e distruzione. Nel 1529, l’odio tra le due famiglie tornò a riaccendersi a causa di un banale episodio, il corsaro dei Mori, Sericano Bassà, che in quel periodo infestava con le sue imbarcazioni i mari della Sicilia Meridionale, aveva fatto prigioniero il barone di Solanto, recatosi presso le coste di Sciacca, aveva alzato la bandiera del riscatto dando la possibilità ai nobili saccensi di riscattare il prigioniero . In tale circostanza accadde che la somma di danaro, offerta per il riscatto dal conte Luna, fu pubblicamente rifiutata dal corsaro che invece gradì molto le offerte del Perollo, che aveva saputo lusingarlo con l’invio presso la sua imbarcazione di sontuosi rinfreschi e con una visita di cortesia che il Perollo aveva deciso di effettuare personalmente. Tale episodio ferì fortemente l’orgoglio del Luna che si sentì umiliato da tutti coloro che, avendo assistito al suo fallimento nell’operazione di recupero del prigioniero, lo avevano schernito elogiando invece l’ingegno del Perollo nell’avere saputo ben gestire la situazione. Il Luna ritenne responsabile di tale umiliazione il Perollo; un odio atavico, mai sopito riprese vigore, fino al giorno che il Luna non decise di mettere a ferro e fuoco il castello dei Perollo e di uccidere il suo rivale. Il castello fu conquistato; le donne della famiglia Perollo che vi si erano rifugiate furono risparmiate da ogni oltraggio e scortate in un monastero, ma i difensori furono tutti uccisi. Giacomo Perollo, fuggito per un passaggio segreto, si era nascosto nella casa di un suo fedele, ma il suo nascondiglio fu rivelato da un traditore., ed in seguito ucciso. Il suo corpo, legato ad un cavallo, venne trascinato per le vie di Sciacca, nel Luglio del 1529, lasciando una tragica scia di sangue. i parenti del Perollo ottennero un decreto, con il quale il Luna veniva condannato a morte e i suoi beni confiscati . Sigismondo fu dichiarato fellone e reo di lesa maestà, e il suo castello fu assalito dalle truppe regie, che ne trucidarono i difensori . Il Luna si recò a chiedere perdono al papa Clemente VII, che era suo zio, e all’imperatore Carlo V, che glielo negarono, data la ferocia dei suoi misfatti, e si uccise gettandosi nel Tevere. In tutto questo a perdere veramente fu la città di Sciacca, che dai 35.000 abitanti del 1459 si era ridotta a 9000 nel 1529. L’odio cancellò migliaia di vite e due nobili famiglie siciliane , che in sostanza scomparvero annichilite dall’ira.
Orari di apertura
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martedì 16:00 – 20:00
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domenica 09:00 – 13:00
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